martedì 30 giugno 2015

Cani arrabbiati (Mario Bava, 1974)

Da tempo mi promettevo di rigustarmi Cani arrabbiati, già visto alcuni anni fa alla prima infatuazione per poliziotteschi vari. Diciamolo da subito, siamo di fronte al mito, a un'opera leggendaria, che deve la sua mitizzazione sia alla eccentricità nella filmografia del maestro (più aduso al paranormale) che alle vicissitudini di produzione.
Girato nel 1973, a causa dei problemi finanziari di Roberto Loyola (un pittore-produttore piuttosto sopra le righe), il film non vedrà la luce che alla metà degli anni '90, rimontato dal figlio Lamberto anche con materiali girati di propria mano.
Il risultato è senza dubbio una delle punte assolute del cinema italiano di quegli anni, un'opera che fa saltare le barriere di genere, un vortice claustrofobico che attanaglia lo spettatore rinchiudendolo per quasi due ore nell'abitacolo di un'auto in compagnia della peggio umanità. Non era scommessa da poco, visto che spesso al cinema l'unità di spazio può generare noia nello spettatore, ponendo soprattutto il problema del ritmo di comunicazione tra i personaggi, che va accuratamente tenuto alto e teso.
Il plot, che Bava ha tratto da un breve giallo Mondadori,  è piuttosto semplice: tre rapinatori prendono in ostaggio una donna, un bambino malato e suo padre e partono per una lunga fuga sulle autostrade infuocate dalla canicola estiva.
Questa situazione piuttosto banale è resa un vero e proprio inferno da alcune intelligenti estremizzazioni. I cattivi incarnano le peggiori degradazioni umane, tanto che Freud potrebbe vedere tale triade come scomposizione psicanalitica dell'uomo. Davanti, al posto del passeggero, c'è il "dottore", cervello della banda, freddo, razionale e cinico; dietro invece abbiamo un Don Backy irriconoscibile che qui interpreta Bisturi, esperto col coltello ma dal carattere bipolare, e infine c'è Trentadue, chiamato così per la sua sessualità pronunciata, l'elemento inconscio, folle, esaltato e fuori controllo. Gli ostaggi sono Maria (Lea Kruger), la classica impiegata-segretaria media, e soprattutto Riccardo Cucciolla, per antonomasia la faccia da pezzo di pane del cinema (e del teatro) italiano.
L'efficacia di base della costruzione dei personaggi è potenziata dal contesto : il sole estivo a picco sull'autostrada deserta rende l'abitacolo dell'auto un girone dantesco, dove Bava si diverte a far scorrere sudore in quantità. Sta proprio qui un'altra delle trovate del maestro: lui che da sempre ha fatto del sangue l'elemento base del suo cinema, nel momento in cui si distacca dal genere prediletto sente la necessità di accentuare l'elemento corporeo e biologico dell'immagine. Così, i corpi fradici dei personaggi, ripresi con asfissiante intimità da una macchina da presa nervosa, conferiscono alle immagini una materialità morbosa. In altri termini, te la senti addosso, la vomitevole canotta sudata di Trentadue che si rimpinza di J&B e spalma della maionese sul décolleté della malcapitata Maria, mentre sghignazza sadico in primissimo piano.
Genio del cinema di genere, Bava si dimostra perfettamente conscio degli elementi necessari alla trama. Non c'è alcun bisogno di mettere in scena mostri o sventramenti : il disagio, l'angoscia, il terrore, sono qui raggiunti con effetti speciali molto semplici, poiché il più delle volte l'essere umano sa essere più mostruoso di qualsiasi entità sovrannaturale.
Pepita assoluta.
Sul tubo si trova una pessima copia, ma anche degli interessanti extra (con spoiler, occhio) girati in occasione di uscita del DVD per Rarovideo.






domenica 28 giugno 2015

The amazing Mr. No legs (Joe Sarno, 1979)

Autentica chicca del cinema di serie B (fate anche C), The amazing Mr. No legs , conosciuto anche semplicemente come Mr. No legs,  ha i requisiti fondamentali per mettere insieme un ottimo noir anni '70 : arti marziali, inseguimenti, crimine, donne discinte... Unico particolare : l'ultra-cattivo di turno, in mancanza di gambe, è costretto su una sedia a rotelle. L'attore che lo interpreta è un ex marine che ha dimenticato gli arti inferiori nella ridente cornice del sud-est asiatico, il quale rientrato in patria ha pensato bene di diventare cintura nera di karate. Al che il tizio ha avuto il famoso quarto d'ora di celebrità che il cinema di genere, col suo implacabile gusto per i fenomeni da baraccone, ha pensato di sfruttare al meglio.
Mr. No legs è lo scagnozzo numero uno di un boss della droga incravattato e, nonostante l'evidente handicap, dimostra da subito una perfidia senza pari. Al suo primo intervento, il nostro sistema un paio di traditori con due fucili a canne mozze installati sui braccioli della fedele carrozzina. Inseguito, un affiliato alla stessa banda uccide la sua ragazza scaraventandola contro un televisore e il fratello sbirro della malcapitata (clamorosamente somigliante a Italian Spiderman) si mette sulle tracce dei responsabili. Nel frattempo Mr. No legs, memore del classico del genere Scarface, decide di scalare la gerarchia dell'organizzazione e inizia a far fuori un po' di colleghi. Insomma, gira e rigira il mostro finale è ovviamente lui, ma attenzione ai (prevedibilissimi) colpi di scena.
Dialoghi imbarazza(n)ti, slow motions tristissimi, scenografie di un pacchiano memorabile, personaggi stereotipati, inseguimenti interminabili,  il film ha tutti gli elementi per rivendicare la sua patente di cult del genere. Addirittura, a volte l'impressione è che esso rasenti la parodia esplicita, come per esempio nella scena dell'inseguimento finale, in cui l'auto dell'inseguito passa attraverso, nell'ordine, a una roulotte enorme, a le classiche cassette della frutta e (ovazione in sala) a dei lastroni di ghiaccio casualmente posti al centro di un parcheggio (ma perché?). 
Per i più curiosi, sul tubo si trova una (pessima) copia tirata da homevideo.
Se invece non vi volete sucare tutto il film, a questo link la scena madre. Imperdibile.

https://www.youtube.com/watch?t=11&v=eJyHfKNNaes