lunedì 11 novembre 2013

Dillinger è morto (Marco Ferreri, 1969)

Iniziamo la settimana colmando una lacuna. Non ho mai visto questo film celebre di Ferreri (un regista che mi lascia di solito piacevolmente smarrito) e approfitto della sveglia mattutina precoce per godermelo col caffé.
Michel Piccoli è Glauco, un tecnico industriale di mezza età che vive con la moglie e la cameriera in un ricco appartamento romano. Una sera, di rientro dal lavoro, nel preparare un risottino scova, all'interno di un armadio, una vecchia pistola arrugginita. Il vecchio proprietario potrebbe essere il celebre Dillinger del titolo, visto che l'arma è avvolta all'interno di vecchi fogli di quotidiano che annunciano la morte del gangster.
Il resto del film accompagna le stanche e abitudianrie attività del protagonista, che allo stesso tempo compie opera di restauro della pistola, che gli servirà verso la fine della vicenda per dare una svolta definitiva al suo vivere quotidiano.
Ferreri dà qui vita a una efficace quanto amara satira di costume, in cui se la prende come d'abitudine con la middle-class impiegatizia e la sua sostanziale disperazione. Innumerevoli i richiami all'arte figurativa - su tutti ricordo la bellissima rielaborazione pop della pistola - e i riferimenti al campo della psicanalisi. Il personaggio di Piccoli è molto ben articolato, anche per libera iniziativa dell'attore.
Tra la grande varietà dei temi, credo di riconoscere il più interessante nella rappresentazione del rapporto del protagonista con le rappresentazioni figurative. Nella prima parte del film egl
i parla con i personaggi della tivù, oppure proietta i filmini delle vacanze tentando un approccio con le avvenenti ragazze sullo schermo.
Ebbene ,questo rapporto contorto e castrante con le immagini rappresentative della realtà è superato, in una sorta di procedimento di auto-analisi, nel processo di scoperta e di restauro della vecchia pistola, che viene addirittura ridipinta di rosso e abbellita da dei pois bianchi.
Dal frustrante rapporto con le immagini bidimensionali all' appagante riappropriarsi della realtà dunque, in un rapporto che sembra riproporre i percorsi delle arte contemporanee degli anni '60.
Per la cronaca: la bellissima cucina in cui recita Piccoli appartiene ad una villa di Tognazzi, e effettivamente già ci sono tutte le atmosfere della Grande Bouffe.

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