giovedì 14 novembre 2013

Il processo di Verona (Carlo Lizzani, 1963)

Ho sempre stimato Carlo Lizzani. E' stato un regista onesto e sempre coerente con le proprie idee. Per lui il cinema è sempre stato un medium finalizzato a narrare la Storia con mezzi spettacolari senza tante elucubrazioni. Egli se ne è servito sempre con rigore ed eleganza, senza per questo piegare il suo linguaggio ad scopi apertamente faziosi, anzi cercando sempre di coltivare il dubbio. Piuttosto di narrare le gesta di personaggi dalle sue stesse idee politiche, egli ha sempre tentato di ritrarre il lato "rimosso" della storia d'Italia, la zona grigia della società.  Così è stato per l'eccezionale Banditi a Milano, con un indimenticabile Volonté nei panni (e nel corpo) del bandito Cavallero, e così è per Il processo di Verona, opera pressoché dimenticata come molte altre del cineasta recentemente scomparso.
Ho recuperato in questi giorni una copia del film e ieri pomeriggio ho avuto modo di vederlo.
La storia è piuttosto conosciuta: Galeazzo Ciano, ex-rampollo del Duce, il 25 luglio '43 vota per la decadenza di Mussolini dalla carica  di primo ministro, e assieme agli altri gerarchi accusati di tradimento, si farà processare e fucilare dai repubblichini al soldo dei nazisti.
La macchina da presa di Lizzani si stacca solo raramente dalle figure protagoniste di Ciano e della moglie Edda Mussolini; ne esce un dramma borghese dal sapore quasi ibseniano, inserito però in quello che Lizzani sa fare meglio: un ritratto para-documentario delle realtà storica.
In un procedimento simile a quello che negli stessi anni Pontecorvo mette in atto nella Battaglia di Algeri, Lizzani fonde le immagini di fiction (girate appositamente a "grana grossa") con i filmati dell'epoca: ne risulta un affresco duramente suggestivo, in cui il marcescente clima repubblichino si respira a pieni polmoni. E' dunque senza dubbio a scopo purificatorio che Lizzani sceglie di inserire alla fine del film, a sfondo della parola FINE, le immagini più gloriose della lotta partigiana, tra cui il cadavere di Mussolini a Piazzale Loreto.
Interessante, ma soprattutto coraggioso dunque, questo lavoro di Lizzani, che mette sotto i riflettori il personaggio di Ciano in tutta la sua drammatica vicenda umana ben fondendola alla narrazione storica.
Molto brava la Mangano nel ruolo di Edda, altro personaggio molto complesso.
Leggi i giornali? Prova a guardare Ciano e non pensare Alfano.



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