lunedì 18 novembre 2013

Giovane e bella (François Ozon, 2013)

Il cinema vicentino Araceli, da un paio d'anno si riscopre sala d'essai (per gli standard berici, s'intende), arrivando a proporre opere al limite del pruriginoso come questo Jolie et jeune di Fraçois Ozon.
Entro al cinema senza particolari aspettative. Tutte le informazioni che ho sul film si limitano ad alcuni commenti raccolti a Parigi qualche mese fa. Ne esco abbastanza soddisfatto ma non del tutto convinto.
Il cinema francese ci ha ormai abituato a una serie di messe in scena del (non più) proibito, il cui apice si è raggiunto col magnifico (visivamente esplicito) Inconnu du lac.
Anche qui si percorre la strada del (ex)rimosso della nostra società perbene, che ignora quanto e a che livelli il fenomeno della prostituzione sia diffuso e radicato al suo interno. Gran presa di coscienza in Italia si è avuta ultimamente col caso dei Parioli a Roma.
La diciassettenne Isabelle vive con la madre, il fratellino e il patrigno in un bell'appartamento del centro parigimo. L'ambiente è tipicamente bobo, tra il borghese e il fricchettone, della serie: libertà ai figli, ma fino a che non ne approfittano per davvero. Isabelle della propria libertà (e della propria avvenenza) ne approfitta eccome, e inizia la sua fortunata attività di prostituta ad alti livelli economici e sociali. Si troverà in una situazione drammatica che le procurerà ripercussioni nella vita familiari ma alcun vero ripensamento.
Il pregio principale del film di Ozon è quello di rifiutare qualsiasi pretesa di indagine sociologica, ma anche qualsiasi punto di vista moraleggiante: Isabelle non prova alcun disagio nella sua vita, no ha bisogno di soldi, non desidera gloria o piacere fisico. Come direbbe De André, "lei lo faceva per passione".
Questo ne fa un personaggio autenticamente ribelle che non si trova a voler essere giudicato, ma rivendica la propria autonomia estrema. Per certi versi credo si possa parlare di un riferimento a Monica e il desiderio di Bergman, cui non a casa Truffaut aveva reso esplicito omaggio in un'opera madre del cinema francese come Les 400 coups.
Costruito su meccanismi narrativi piuttosto classici, il film scorre velocemente e giunge al suo termine senza una chiusa degna di questo nome e senza alcun insegnamento vero e proprio, ma si rivela tutto sommato privo di una reale originalità soprattutto a livello visivo. Anche a livello contenutistico, il dubbio,a tratti, è che l'opera punti più sulla rappresentazione del corpo senza veli della protagonista piuttosto che su una reale disamina della vicenda e de suoi meccanismi.

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