Raramente scelgo i film da vedere in base a quello che vedo nel relativo trailer.
Ebbene, questo è uno di quei rari casi.
Polonia 1962. Anna, suora novizia che si appresta a prendere i voti, si reca per qualche giorno in città a trovare la zia, bella donna ormai sfiorita, ex-giudice, fedelissima del regime filo-sovietico ormai dedita all'alcool e alla prostituzione.
La missione della ragazza, alla sua prima uscita dal convento, è quella di conoscere la storia dei propri genitori, morti durante la guerra.. Assieme alla zia compirà uno sconvolgente viaggio di formazione: scoprirà la propria vera natura, un passato atroce, e allo stesso tempo le passioni di una vita normale.
Pawlikowski, regista dal passato documentaristico, affronta nella stessa opera due temi estremamente delicati, anche se all'apparenza molto diversi: la adolescenza, come passaggio all'età adulta, e la dolorosa storia della Polonia degli anni del Dopoguerra.
Per farlo, egli compie scelte registiche decisamente azzardate, dando vita a un ritratto dallo stile severo e rigoroso. Il film è composto nella quasi totalità da piani fissi; i movimenti di macchina sono ridotti a due scene, a inizio e fine vicenda, in cui due lunghi carrelli laterali accompagnano l'arrivo e la partenza dalla città della protagonista. Figurativamente, la messinscena fa ricorso a frequenti décadrages, lasciando i personaggi ai margini di ampie campiture pressochè vuote.
Per completare il quadro minimalista, il regista fa ricorso all'uso di un bianco e nero nitido e scintillante, un vero tocco di classe. Le atmosfere fumose dei locali jazz, le vaste distese della campagna polacca, i tristi interni domestici, tutto trasuda la stessa profonda tristezza, il senso di impotenza opprimente che la giovane protagonista vive.
In 80 minuti scarsi di film il film la vicenda chiude il suo cerchio e si esce dalla sala stupefatti.
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