martedì 14 gennaio 2014

The Wolf of Wall Street (Martin Scorsese, 2013)

Tornato in Francia, approfitto per fare il figo e andare a vedere Il lupo di Wall Street prima che esca in Italia e pavoneggiarmi sul blog. Il cinema Méliès di Montreuil (lunga, lunga vita!, che sono in scazzo con il comune) lo passa per l'ultimo giorno e la sala è quasi colma.
Torna Scorsese, e l'appuntamento è di quelli da non perdere. Accanto a lui, o meglio di fronte, manco a dirlo c'è Di Caprio.
Jordan Belfort è il re di Wall Street, uno che venderebbe - come si dice -  ghiaccio agli eschimesi. E' il leader di un ufficio di squali suoi pari che alle sue parole s entusiasmano che manco dei sedicenni di fronte a Justin Bieber.
Il nostro però viene dalla gavetta; ha iniziato che era una "sotto-merda", stava per perdere anche la casa, ma ad un certo putno si è rialzato, ha messo i dentini e in pochi anni ha venduto fumo a mezzo continente, arrivando a mettere su un impero finanziario enorme.
Come immaginabile, il tipo vive un vita vagamente sfrenata, nel senso che consuma compulsivamente qualsiasi tipo di sostanza crei euforia. Per non parlare delle sue frequentazioni sessuali estreme e al limite del perverso. Insomma, un personaggio che più scorsesiano non poteva essere.
Partire dal nulla, soffrire, salire gradualmente la scala della gloria e godersela come se nn ci fosse un domani. E poi....
L'impressione è quella di assistere alla biografia del nipote del Ray Liotta di Goodfellas, oppure a quella di un parente stretto di Jake La Motta in Raging Bull. La fine del film è un omaggio dichiarato al capolavoro di cui sopra.
I soliti virtuosismi di Scorsese, ben supportati da una buona dose di digitale, dipingono questo affresco barocco ma quanto mai attuale sul potere del denaro come droga. E della droga come droga, visto che nel film ne scorre a fiumi.
Se la storia da' tutto sommato l'impressione di essere già stata vista, l'ottica interessante che Scorsese vi applica stavolta è tutta giocata sul motivo del grottesco.
Belfort e soci, a conti fatti, non sono altro che dei buffoni da circo, che ogni giorno scendono in pista per giocare il loro numero allucinato. Epica in questo senso (e di per sè vale il biglietto) la scena in cui Di Caprio si pippa un tubetto intero di cocaina con in sottofondo il jingle di Popeye che si spara un barattolo di spinaci.
Insomma si ride più del previsto.
E Scorsese, tra quelli della sua età ti spacca ancora il culo, per dirla alla francese.
Vedevatelo.

2 commenti:

  1. Non dimentichiamo le accese e continue dispute verbali franco-americane. Grandi soddisfazioni.

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  2. Se ti riferisci a Dujardin, fa la parte dello svizzero, non è francese.

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